Come tutto nel Continente Sicilia, anche la famosa specialità non ha una identità ben precisa, tanto da non potere essere inserita in una categoria esatta. A partire dal nome, infatti, mentre nella parte occidentale dell'isola la palla di riso è conosciuta come "arancina", nella parte orientale, invece, è chiamata "arancino", fonte, spesso, di accese discussioni tra i siciliani.
L'arancina/o è considerata dai siciliani il prodotto di rosticceria più caratteristico della propria regione e quasi tutte le grandi città ne rivendicano la paternità.
Per la preparazione si fa cuocere al dente il riso originario in abbondante brodo. Si fa raffreddare su un piano di marmo. Formati dei dischi di questo impasto, si pone al centro di ciascuno una porzione di farcitura e si chiudono. Successivamente si impanano nel pangrattato, pronti per essere fritti.
A Palermo e Catania è molto diffuso l'uso dello zafferano per dare un colorito dorato al riso, molto compatto e nettamente separato dalla farcitura, contrariamente a quanto succede nella zona di Messina, dove si utilizza il sugo insieme allo zafferano.
In ogni caso la ricetta originale delle arancine non prevede l'uso delle uova, né per il ripieno (l'originario infatti contiene molto amido e non necessita di uova per essere legato), né per la panatura.
Le arancine più diffuse in Sicilia sono quella al ragù di carne e quello al burro. Nel catanese sono diffusi anche l'arancino "alla norma" e quello al pistacchio di Bronte, mentre nel trapanese quella agli spinaci.
Il 13 Dicembre, giorno di Santa Lucia, Palermo ricorda la santa con la tradizionale "mangiata di arancine"; non vi è palermitano che in questo giorno non mangi la palla di riso, fatta in casa o comprata che sia, ponendosi, fin dalle prime ore del mattino il solito dilemma: "al burro o alla carne?"
Chi si trovasse a passare per Palermo il 13 dicembre, potrà sentire nell'aria il profumino di frittura, proveniente dalle case e dai bar della città.